N Engl J Med. 2020;383(21):2007-2017
Giorgio Sesti, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Sapienza Università di Roma
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune caratterizzata da una progressiva perdita di cellule beta pancreatiche. Golimumab è un anticorpo monoclonale umano specifico per il fattore di necrosi tumorale α (TNF-α) che è già stato approvato per il trattamento di diverse condizioni autoimmuni negli adulti e nei bambini. Non è noto se golimumab possa preservare la funzione delle cellule beta nei giovani con diabete tipo 1 manifesto (stadio 3) di nuova diagnosi.
Disegno e metodi dello studio
In questo studio di fase 2, multicentrico, controllato con placebo, in doppio cieco, a gruppi paralleli, sono stati randomizzati a ricevere golimumab sottocutaneo o placebo, bambini e giovani adulti (fascia di età, da 6 a 21 anni) con diabete tipo 1 di nuova diagnosi, in un rapporto 2: 1, per un periodo di 52 settimane. L'endpoint primario era la produzione di insulina endogena, valutata in base all'area sotto la curva del peptide C in risposta a un test di tolleranza al pasto misto della durata di 4 ore (AUC del peptide C di 4 ore) alla settimana 52. Gli endpoint secondari e aggiuntivi includevano l'uso di insulina, il livello di emoglobina glicata, il numero di eventi ipoglicemici, il rapporto tra proinsulina a digiuno e peptide C e il profilo di risposta.
Risultati
Un totale di 84 partecipanti sono stati sottoposti a randomizzazione: 56 sono stati assegnati al gruppo golimumab e 28 al gruppo placebo. Alla settimana 52, l'AUC media (± SD) del peptide C a 4 ore differiva in modo significativo tra il gruppo golimumab e il gruppo placebo (0,64 ± 0,42 pmol per millilitro vs. 0,43 ± 0,39 pmol per millilitro, P <0,001). L’approccio treat-to-target ha portato a un buon controllo glicemico in entrambi i gruppi e non vi era alcuna differenza significativa tra i gruppi nel livello di emoglobina glicata. L'uso di insulina è stato inferiore con golimumab rispetto al placebo. Una risposta di remissione parziale è stata osservata nel 43% dei partecipanti del gruppo golimumab e nel 7% di quelli del gruppo placebo (differenza, 36 punti percentuali; 95% CI, da 22 a 55). Il numero medio di eventi ipoglicemici non differiva tra i gruppi di studio. Gli eventi ipoglicemici che sono stati registrati come eventi avversi a discrezione degli investigatori sono stati riportati in 13 partecipanti (23%) nel gruppo golimumab e in 2 (7%) di quelli nel gruppo placebo. Anticorpi contro golimumab sono stati rilevati in 30 partecipanti che hanno ricevuto il farmaco; 29 avevano titoli anticorpali inferiori a 1: 1000, di cui 12 hanno avuto risultati positivi per gli anticorpi neutralizzanti.
Conclusioni
Tra i bambini e i giovani adulti con diabete tipo 1 di nuova diagnosi, golimumab ha determinato una migliore produzione di insulina endogena e un minor uso di insulina esogena rispetto al placebo.
Interpretazione
Sebbene gli ultimi anni grazie alle innovazioni tecnologiche e farmacologiche, il controllo metabolico nei soggetti con diabete tipo 1 sia migliorato rispetto al passato, non sono ancora disponibili trattamenti che prevengano o rallentino la perdita delle cellule beta pancreatiche in questi soggetti. Studi su modelli cellulari e animali hanno dimostrato che il blocco delle citochine proinfiammatorie quali interleuchina‐1 beta (IL‐1β) e tumor necrosis factor‐α (TNF‐α) potrebbe avere un’azione protettiva nei confronti della funzione e della sopravvivenza delle cellule beta pancreatiche. Tuttavia, il ruolo del TNF-α nel diabete tipo 1 non è stato del tutto chiarito negli studi preclinici. I risultati di questo studio sono consistenti con quelli di uno studio di fase 1 di etanercept, un altro farmaco anti-TNF-α, che ha coinvolto bambini con diabete tipo 1, in cui si è osservato un sostanziale mantenimento dei livelli del peptide C misurati al basale e una riduzione del fabbisogno insulinico. Il trattamento con golimumab non ha tuttavia determinato un incremento della secrezione di peptide C e il rapporto tra proinsulina e peptide C a digiuno, un indice di funzionalità della cellula beta, è risultato stabile nel gruppo in trattamento con golimumab rispetto a un incremento osservato nel gruppo placebo, indicando il mantenimento della funzione della cellula beta misurata al basale.
Il dosaggio di golimumab utilizzato nei partecipanti di questo studio con diabete tipo 1 era con i dosaggi di golimumab utilizzati in precedenza in altre condizioni autoimmuni. La percentuale di partecipanti in cui sono stati rilevati anticorpi contro golimumab è stata piuttosto elevata e la predominanza di anticorpi contro golimumab a basso titolo erano simili a quelli riportati in altri studi con il farmaco. Saranno necessari ulteriori studi per determinare l'entità del mantenimento della funzione della cellula beta e per migliorare l'efficacia del golimumab del diabete tipo 1.
Lo studio ha alcune limitazioni quali il piccolo numero di partecipanti e il numero limitato di condizioni coesistenti studiate. Inoltre, non sono state raccolte informazioni sull'infusione continua di insulina o sul monitoraggio continuo del glucosio e, pertanto, l'effetto di tali metodi sui risultati non può essere valutato.
Nonostante i dati ottenuti in questo studio preliminare siano incoraggianti, è opportuno considerare che il trattamento del diabete tipo 1 è tanto più efficace quanto più tempestivamente è instaurato. Infatti, per ottenere un risultato clinico rilevante è necessario intervenire precocemente sui processi fisiopatologici che portano alla perdita della vitalità e della funzione delle cellule beta per evitare che potenziali trattamenti protettivi non sortiscano gli effetti sperati a causa della perdita irreversibile di una considerevole massa beta cellulare. Sarebbe opportuno incoraggiare programmi internazionali di screening, in modo da identificare soggetti ad elevato rischio di sviluppare diabete tipo 1 e trattarli in una fase precoce, prima che si sviluppi la fase sintomatica della malattia.