Andrea Picchianti Diamanti, U.O.C. Medicina Interna, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma
Nel nostro Paese, come nella maggior parte del mondo, i pazienti affetti da malattie autoimmuni sistemiche, come l’artrite reumatoide (AR), in terapia con immunosoppressori sono inclusi nella categoria dei soggetti vulnerabili per COVID-19 e pertanto aventi diritto ad un accesso prioritario per la vaccinazione rispetto alla popolazione sana di pari età.
Tuttavia, considerando che non si ha esperienza con i vaccini contro il SARS-CoV-2 in questi soggetti, è indispensabile porsi alcune importanti domande per una corretta gestione dei pazienti. In particolare se l’efficacia del vaccino può essere ridotta dalle terapie immunosoppressive in atto. In mancanza di dati, le raccomandazioni dell’American College of Rheumatology e della Società Italiana di Reumatologia si rifanno sostanzialmente a quanto evidenziato con le comuni vaccinazioni, in particolare quella anti-influenzale e anti-pneumococcica, con alcune specifiche.
La maggior parte delle terapie immunosoppressive convenzionali (idrossiclorochina, salazopirina, micofenolato, leflunomide) e biologiche (anti TNF-alfa, anti-IL-6, anti-IL7, anti-IL12/23), cosi come i corticosteroidi sotto i 20 mg/die, non dovrebbero condizionare la risposta al vaccino e pertanto non necessitano di modifiche terapeutiche.
Il methotrexate e gli inibitori delle Janus Kinasi dovrebbero essere sospesi una settimana dopo la prima e seconda dose vaccinale. L’inibitore del co-stimolo abatacept dovrebbe essere invece interrotto una settimana prima e dopo la prima dose (4 settimane se endovena). Infine rituximab deve essere stato somministrato almeno 5 mesi prima del vaccino e reintrodotto ad almeno 2-4 settimane dalla seconda dose.
Bibliografia
- Documento SIR Vaccinazione Covid al 13 febbraio 2021
- COVID-19-Vaccine-Clinical-Guidance-Rheumatic-Diseases-Summary. Developed by the ACR-COVID-19 Vaccine Clinical Guidance task force-February 2021