Ann Rheum Dis 2021; 80(1):36-48.confrontano sempre più spesso con
Andrea Picchianti Diamanti, U.O.C. Medicina Interna, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma
Negli ultimi 5 anni, l’utilizzo dell’immunoterapia con inibitori dei checkpoint immunitari ha rivoluzionato la storia naturale di alcuni tipi di tumori. Si tratta di anticorpi monoclonali che legano il CTLA-4, il PD-1 o il PD-L1 con conseguente riduzione dell’inibizione dell’attività anti-tumorale dei linfociti T da parte delle cellule tumorali stesse.
Questi agenti hanno dimostrato di poter aumentare la sopravvivenza dei pazienti affetti da alcuni tipi di tumori solidi rispetto alla chemioterapia convenzionale, tuttavia possono determinare un’attivazione non specifica del sistema immunitario con comparsa di diverse manifestazioni sistemiche quali quelle immuno-reumatologiche. Tra le più frequentemente riportate vi sono forme di artrite simil-reumatoide, polimialgia reumatica, miositi, sindrome sicca, positivizzazione degli anticorpi antinucleo e più raramente manifestazioni di tipo sclerodermico o lupus-like.
Questo tipo di evento avverso (EA) è stato osservato in una percentuale rilevante di pazienti sottoposti a immunoterapia (circa il 10%), tanto da indurre l’EULAR a stilare delle raccomandazioni per la corretta gestione di questi pazienti in ambito reumatologico.
Tra i punti principali viene sottolineata la necessità di una gestione congiunta del paziente tra oncologo e reumatologo, che possa consentire una pronta identificazione di queste complicanze e un accesso prioritario all’iter diagnostico/terapeutico.
La terapia di prima scelta in questi casi, è rappresentata dai corticosteroidi (CCS) al dosaggio minimo efficace (possibilmente prednisone sotto i 10mg/die o equivalenti).
In caso di inadeguata risposta ai CCS, o per ridurne il dosaggio, è possibile ricorrere ad alcuni farmaci immunosoppressori convenzionali quali l’idrossiclorochina e il methotrexate.
Nei casi refrattari e particolarmente severi, si può considerare l’utilizzo degli agenti biotecnologici, privilegiando gli inibitori del TNF-alfa e dell’interleuchina-6.
La scelta della prosecuzione dell’immunoterapia in questi casi, deve essere presa in base alla severità delle manifestazioni reumatologiche, all’entità della terapia immunosoppressiva richiesta, e all’efficacia dell’immunoterapia stessa sulla neoplasia sottostante.
La presenza di una pre-esistente malattia reumatologica non preclude l’inizio dell’immunoterapia oncologica. In questi casi, i farmaci immunosoppressori dovrebbero però essere ridotti al minimo dosaggio efficace prima dell’inizio dell’immunoterapia.