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PediatriaReumatologia

JAK-inibitori nelle malattie autoinfiammatorie

Settembre 2022

Da una review di studi osservazionali emergono le prime evidenze sull’efficacia e la sicurezza dell’impiego di JAK-inibitori in diversi tipi di malattie autoinfiammatorie.

Boyadzhieva Z, et al. Front Med (Lausanne). 2022 Jun 27;9:930071. doi: 10.3389/fmed.2022.930071.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35833101/

 

Silvia Federici, U.O.C. di Reumatologia, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Le malattie autoinfiammatorie (AID) sono malattie rare che si presentano con episodi di infiammazione sterile che coinvolgono diversi organi e apparati con possibilità di danno d’organo acuto o conseguenze a lungo termine come l’amiloidosi.  Grazie al miglioramento delle tecniche di sequenziamento genico negli anni sono state scoperte numerose nuove malattie e il meccanismo patogenetico che le sottende. Questo ha permesso di identificare strategie terapeutiche di precisione volte a contrastare l’azione dei mediatori dell’infiammazione coinvolti.

Sulla base del pattern citochinico dominante le AID possono essere suddivise in inflammasomopatie (IL-1), relopatie (NF-KB), interferonopatie (IFN). Tuttavia in diverse malattie più citochine sono coinvolte nella patogenesi e alcuni pazienti non rispondono all’inibizione selettiva di una sola citochina. Da qui la necessità di nuovi approcci terapeutici. Gli inibitori della Janus Kinase (JAKi), attraverso l’inibizione della via JAK-STAT bloccano contemporaneamente più citochine chiave coinvolte nella patogenesi delle malattie autoinfiammatorie e possono essere una valida alternativa nel trattamento di questi pazienti. I farmaci JAK-inibitori possono essere divisi in classi a seconda della loro specificità a livello delle numerose kinasi della via JAK-STAT: tofacitinib (JAK1, JAK2 e JAK3), baricitinib e ruxolitinib (JAK1 e JAK2), upadacitinib e filgotinib (JAK1)

In questo lavoro gli Autori effettuano per la prima volta una revisione sistematica della letteratura circa l’utilizzo dei JAK-inibitori in pazienti affetti da una malattia autoinfiammatoria. 101 pazienti di cui 52 affetti da interferonopatia di tipo I, 26 con malattia di Still dell’adulto, 4 con artrite idiopatica giovanile sistemica (AIGs), 6 con febbre familiare mediterranea (FMF) e 13 con malattia di Beçhet sono stati ad oggi trattati con un farmaco JAK-inibitore e descritti in letteratura. Da un punto di vista clinico, 7/52 pazienti (13,5%) con interferonopatia di tipo I hanno ottenuto una risposta completa, mentre la maggior parte (35/52, 67.3%) ha mostrato una risposta parziale e una minoranza (10/52, 1.,2%) non ha risposto al trattamento. Per i pazienti con malattia di Still dell’adulto, una risposta completa o parziale è stata ottenuta in undici pazienti (42.3%) rispettivamente. Due pazienti con AIGs hanno ottenuto una risposta completa (2/4, 50%) e in due casi (2/4, 50%) è stata riportata una risposta parziale. Metà dei pazienti con FMF ha mostrato una risposta completa e l'altra metà ne ha avuto una parziale (3/6, 50%). Tra i pazienti con malattia di Beçhet la maggior parte ha ottenuto una risposta parziale (8/13, 61.5%) mentre cinque pazienti non hanno mostrato risposta alla terapia (5/13, 38.5%).

I farmaci JAK-inibitori utilizzati sono stati tofacitinib, baricitinib e ruxolitinib in monoterapia o associati ad altri farmaci immunosoppressori. Nella quasi totalità dei casi il farmaco JAK-inibitore è stato associato a terapia glucocorticoidea. Indipendentemente dalla risposta clinica, un dato molto interessante da segnalare è che la maggior parte dei pazienti è stata in grado di sospendere la terapia con glucocorticoidi o ridurne drasticamente il dosaggio con importanti ripercussioni in termini di riduzione degli effetti collaterali legati al prolungato utilizzo di questi farmaci. Da un punto di vista di safety, gli eventi avversi più frequenti sono stati quelli infettivi soprattutto a carico delle vie aeree superiori o inferiori che però non hanno, nella maggior parte dei casi, portato a conseguenze o necessitato la sospensione del trattamento. Tali eventi sono stati più frequenti nel gruppo delle interferonopatie, probabilmente legati ai maggior dosaggi utilizzati e a una predisposizione naturale di questi pazienti alle infezioni.

Nel complesso lo studio, che presenta delle limitazioni legate al numero di pazienti considerati e al difficile confronto dei diversi lavori analizzati (soprattutto in termini di dose di farmaci utilizzati), dimostra che i farmaci JAK-inibitori sono efficaci nei pazienti affetti da interferonopatie di tipo I ma possono rappresentare una valida alternativa anche nei pazienti affetti da altre malattie autoinfiammatorie non responsivi alle terapie standard.

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