Front Med (Lausanne). 2022;9:855141. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35462993/
Andrea Picchianti Diamanti, U.O.C. Medicina Interna, Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, Roma
I pazienti affetti da artrite reumatoide (AR) presentano un’aumentata prevalenza di malattie cardiovascolari rispetto alla popolazione generale, che determina anche una riduzione dell’aspettativa di vita.
Pertanto, in questi pazienti è importante valutare periodicamente il rischio cardiovascolare così da attuare tempestivamente tutte le più opportune attività di profilassi, modifiche dello stile di vita e gestione terapeutica al fine di ridurre l’attività della malattia, come raccomandato dalle line guida internazionali.
La sindrome metabolica indica la copresenza di fattori di rischio cardiovascolare quali obesità, dislipidemia, ipertensione, intolleranza al glucosio, che determinano un aumento di 1.5 volte della mortalità cardiovascolare.
In questo articolo, gli Autori hanno eseguito una revisione sistematica della letteratura per valutare la prevalenza della sindrome metabolica nei pazienti affetti da AR.
Sono stati analizzati 61 articoli sulla base di specifici criteri qualitativi (numerosità della popolazione, analisi statistica, disegno dello studio, ecc.) per un totale di 13.644 pazienti.
La prevalenza riscontrata della sindrome metabolica nei pazienti affetti da AR è stata del 32% (95% CI: 29.6–34.4). La prevalenza più elevata è stata rilevata negli studi clinici condotti su popolazioni dell’Asia ed Europa (33%) mentre la più bassa in Africa (28%).
Non sono emerse differenze significative per quanto concerne il genere, con una prevalenza del 33% negli uomini e 34% nelle donne.
Viceversa, la prevalenza è apparsa dipendere sensibilmente dai criteri diagnostici adottati, con una range variabile tra il 14.4% dei criteri EGIR (European Group against Insulin Resistance) e il 37% dei criteri ATPIII (Adult Treatment Panel).
L’elevata prevalenza della sindrome metabolica nei pazienti affetti da AR potrebbe essere spiegata oltre che da un aumento dei fattori di rischio tradizionali, anche dall’utilizzo protratto della terapia corticosteroidea e dal perpetuarsi dell’infiammazione e attivazione cronica endoteliale.