Kozycki CT, et al. Ann Rheum Dis. 2022 Oct;81(10):1453-1464.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35868845/
Silvia Federici, U.O.C. di Reumatologia, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
La mutazione p.Thr237Met a carico del gene ALPK1 è stata associata alla sindrome ROSAH (distrofia retinica, edema del nervo ottico, splenomegalia, anidrosi e cefalea) che causa una forma di cecità a trasmissione autonoma dominante.
Il ruolo di ALPK1 nella fisiologia umana e nella regolazione immunitaria è ancora oggetto di studio, ma è noto che la proteina funge da sensore intracellulare per gli zuccheri batterici.
Inoltre ALPK1 è stato correlato ad alcune condizioni infiammatorie negli esseri umani come ad esempio a un aumentato rischio di gotta e sono state identificate varianti rare in pazienti con febbre ricorrente.
Su queste basi gli Autori ipotizzano che la ROSAH possa essere una malattia autoinfiammatoria e, per dimostrarlo, analizzano le caratteristiche cliniche di un gruppo di 27 pazienti (da 12 differenti famiglie) facendo particolare attenzione al fenotipo infiammatorio e all'effetto delle mutazioni di ALPK1 sul signalling immunitario.
In tutte le famiglie il test genetico del probando era stato eseguito a seguito del riscontro, ad una valutazione oftalmologica, di manifestazioni oculari tra cui il riscontro di elevazione del disco ottico, uveite, vasculite retinica o degenerazione retinica. La maggior parte dei pazienti presentavano inoltre anomalie dentali (radici dentali corte, difetti dello smalto), diminuzione del flusso salivare (con evidenza di infiammazione alle biopsie delle ghiandole salivari) e alterazioni della sudorazione (ipoidrosi/anidrosi). Oltre a questi sintomi, tutti i pazienti hanno mostrato almeno un sintomo comune ad altre forme infiammatorie tra cui febbre ricorrente, cefalea con evidenza di coinvolgimento meningeo e calcificazioni cerebrali, artralgie/artrite, epatosplenomegalia e amiloidosi secondaria.
Nonostante tutti i pazienti eccetto uno fossero portatori della stessa variante (26 pazienti portatori della variante p.Thr237Met e uno portatore della variante p.Tyr254Cys), nel gruppo è stata osservata un’importante variabilità fenotipica che ha riguardato anche il decorso della malattia oftalmologica. Diversi soggetti adulti, infatti, non presentavano un deficit visivo soggettivo nonostante fossero presenti le anomalie soprascritte alla valutazione oftalmologica.
Da un punto di vista laboratoristico, quasi tutti i pazienti analizzati hanno mostrato aumenti variabili della PCR ed episodi di citopenia (nei pazienti con splenomegalia). In questi pazienti è stato inoltre riscontrato un aumento di diverse citochine/chemochine infiammatorie tra cui TNF, IL-6, CCL2 (MCP-1), il recettore solubile di IL-2, IL-10, CXCL10, CXCL1 e, a livello del liquido cerebrospinale, di neopterina.
Infine, test in vivo e in vitro (su modelli murini con costrutti ALPK1 mutati) hanno mostrato un'attivazione immunitaria con aumento dell’attivazione di NF-κB (nelle cellule trasfettate e nei fibroblasti dei pazienti), fosforilazione STAT1 e aumento dell’interferone signature.
Su queste basi, nell’ipotesi di una genesi autoinfiammatoria, dopo un accurato screening clinico-laboratoristico e strumentale in 10 pazienti è stata avviata, in maniera empirica, una terapia con farmaco biologico: la terapia con farmaci anti-TNF e anti-IL-1(adalimumab, anakinra, canakinumab) si è dimostrata efficace nel sopprimere l'infiammazione sistemica e migliorare la qualità della vita dei pazienti ma non ha avuto effetto sull’infiammazione a livello oculare, mentre tocilizumab (anti-IL-6), ha determinato, in 2 pazienti su 2, anche una riduzione dell’infiammazione intraoculare.
In conclusione gli Autori in questo lavoro dimostrano che la sindrome ROSAH è una malattia autoinfiammatoria causata da mutazioni gain of function in ALPK1. Sebbene le prime descrizioni della malattia enfatizzassero il quadro oculare, in questo lavoro viene dimostrato che i pazienti presentano molti altri sintomi di cui alcuni tipici delle forme infiammatorie. Il quadro infiammatorio è inoltre supportato da analisi in vivo e in vitro che dimostrano un aumento di citochine infiammatorie e l’attivazione di vie immunitarie. Questi risultati hanno importanti implicazioni nella pratica clinica in quanto alcune delle manifestazioni, e in primis il danno a livello oculare, sembrano suscettibili alla terapia immunomodulante.
Da qui deriva la necessità di una maggior consapevolezza della malattia per facilitare la diagnosi precoce e l’avvio di una terapia immunomodulante prima che si instaurino danni irreversibili da infiammazione cronica.